Home Ambiente Biocarburanti, l’Europarlamento salverà quelli da olio di palma e fonti alimentari?

Biocarburanti, l’Europarlamento salverà quelli da olio di palma e fonti alimentari?

La Commissione Industria del Parlamento europeo chiede un obiettivo minimo per il settore trasporti del 12% di uso di energia rinnovabile nella Direttiva Rinnovabili 2030. Favoriti quelli di origine alimentare importati dall’estero per i bassi costi

“Errare humanum est, perseverare diabolicum”. L’adagio agostiniano si rivela pertinente se di dovesse verificare quanti molti temono: un nuovo obbiettivo europeo per l’utilizzo di rinnovabili nel settore trasporti dai contorni poco chiari. Il 17 gennaio infatti il Parlamento Europeo, in seduta plenaria, dovrebbe votare la nuova Direttiva Energie Rinnovabili per il periodo 2020-2030 (REDII). Con un colpo di mano la commissione Industria, Trasporti, Energia (ITRE) e il Consiglio EU avrebbero reintrodotto due obiettivi, rispettivamente il 12 e il 14%, come target minimo di utilizzo di energia rinnovabile nel settore trasporti. Reintroducendo di fatto tutti i biocarburanti senza distinguere per sostenibilità di provenienza. Mettendo sullo stesso piano i biocarburanti avanzati derivati dalle alghe e quelli derivati dal mais, colpevoli di impennate di prezzi nelle derrate e conseguenti crisi di sicurezza alimentare.

«Riteniamo che i biocarburanti avanzati da rifiuti e residui abbiano un ruolo da giocare nella decarbonizzazione del settore trasporti. È urgente però eliminare al più presto tutti i biocombustibili da origine agricola e indirizzare i sussidi pubblici solamente a quei carburanti che sono realmente sostenibili», spiega Veronica Aneris dell’associazione Transport&Environment. «I membri del Parlamento Europeo, che voteranno il 17 Gennaio prossimo, hanno un’occasione unica per fare in modo che tale opportunità venga realizzata».

Inizialmente la Commissione Europea aveva rimosso dalla Direttiva Rinnovabili 2020-2030 ogni quota minima per i biocarburanti, segnalando un impegno di alternare i combustibili fossili con biocarburanti avanzati di origine non alimentare o altre soluzioni di tipo electrofuels, come l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili o l’idrogeno.

Con le modifiche proposte dalla Commissione ITRE, se venissero votate, si potrebbe invece impiegare grandi quantità (almeno il 12%) di biocarburanti di origine alimentare, come etanolo da mais o biodiesel da olio di palma.

«Abbiamo visto i danni ambientali e sociali legati alla diffusione dei biocarburanti da colture alimentari, ma invece di imparare dal passato stiamo per compiere lo stesso errore re-introducendo un nuovo target», aggiunge Aneris.

Il voto della plenaria del Parlamento Europeo è l’unico che può scongiurare a questo punto la ripetizione dell’errore. Il basso costo e la amplia disponibilità di biocarburanti di origine alimentare dall’estero li renderebbe l’opzione più economica, rendendo meno efficace la decarbonizzazione e l’elettrificazione dei trasporti. L’impatto ambientale tra biocarburanti e auto elettriche alimentate da energia rinnovabile è noto: un campo da calcio coltivato a biocarburanti alimenta 2,4 auto in un anno. Lo stesso campo, ricoperto di pannelli solai potrebbe alimentare ben 260 auto nello stesso arco di tempo.

In Italia oltre la metà delle biomaterie importate per carburanti non-fossili provengono da paesi extra-europei. Nel 2015 il 42% dei biocarburanti impiegati nel Belpaese erano derivati dall’olio di palma del sud-est asiatico. Una quota diminuita al 18% nel 2016, con la sostituzione di olii vegetali, spesso altrettanto impattanti. «La produzione di biocarburanti da palma da olio può essere a causa di forti impatti sull’uso del suolo e di ingenti emissioni di CO2», spiega Marc Palahí, direttore dell’European Forest Institute. «Voteremo il bando completo dell’olio di palma», ha dichiarato una fonte del raggruppamento Socialists and Democrats (S&D) a Bruxelles, segnalando l’intenzione di dismettere totalmente entro il 2021 l’olio derivato dalle colture di palma. Una posizione che potrebbe essere condivisa anche dal centro-destra, a causa della grande impopolarità del prodotto negli usi alimentari.

Sfruttando le preoccupazioni di questo derivato oleoso, però, la lobby dei produttori di etanolo avrebbe fatto pressione per rimuovere i carburanti derivati dalla palma, al fine di poter inserire un target che beneficiasse fonti meno impattanti, come il mais e la bietola. E sembrerebbe che la proposta sia stata accolta da tanti parlamentari.

A provare ad ostacolare la manovra potrebbero essere le pressioni della WTO su richiesta dei paesi produttori di olio di palma, come la Malesia e l’Indonesia, che producono l’85% della contestata materia. Favorire l’etanolo su altre fonti con impatti ambientali simili potrebbe essere considerata una barriera commerciale. Ma se il bando alla palma da olio venisse usato come scusa per preservare nella Direttiva Rinnovabili il target minimo del 12-14% di biocarburanti senza distinguere quelli avanzati da quelli derivati da prodotti alimentari, sarebbe una cura peggiore del male.