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Clima, alla COP di Bonn nasce l’alleanza per lo stop al carbone

Parte un gruppo di paesi che non produrranno più elettricità dal combustibile fossile. L’Italia tra i primi venti firmatari, saranno settanta entro 2018. Dal carbone 40% emissioni gas serra e 1 milione di morti l’anno.

Lo avessero detto a Charles Dickens non ci avrebbe creduto. Il carbone, forza della rivoluzione industriale inglese e del cambiamento climatico, con le sue emissioni caliginose è il fondale costante di tanti suoi romanzi. In Tempi Difficili l’aria densa di polveri nere avvolge costantemente i personaggi, facendoli tossire senza requie. Eppure il luogo dove si svolgono i fatti, Coketown, la “città del carbone”, con la sua nebbia malsana derivata dal combustibile fossile, oggi potrebbe diventare un simbolo definitivo del passato.

La notizia arriva dalle sale della conferenza sul clima di Bonn a quasi due anni di distanza. Un manipolo di una decina di ministri dell’ambiente annuncia la prima alleanza per porre fine al carbone come fonte di energia elettrica. Il tutto entro il 2025. Domani praticamente.

«Oggi nasce il gruppo Powering Past Coal, con l’obiettivo di fermare la produzione di energia elettrica da carbone», afferma con il tono delle grandi occasioni Claire Perry, ministro inglese per il clima e l’industria, in una sala piena di giornalisti.

«Ridurre l’uso di carbone è una priorità vitale per ogni paese, in quanto il carbone è la fonte più inquinante per produrre energia. Il Regno Unito metterà fuori legge le centrali a carbone entro il 2025. Questo annuncio è un punto di svolta fondamentale nella lotta per il clima», continua Perry.

Questa alleanza di 25 paesi e regioni, che in italiano è stata rinominata “Alleanza globale per l’elettricità oltre il carbone”, è guidata proprio dal Regno Unito, che sul carbone ha costruito le sue sorti. Al punto da esaurire ogni miniera del paese. E spingersi nelle ex colonie per estrarne di nuovo, dopo aver ucciso di “mal d’aria” migliaia di minatori.

Ma gli inglesi non sono soli. Con Canada, Francia, Messico, Finlandia e Nuova Zelanda, c’è anche l’Italia, che per una volta non rimane in disparte. «Saremo fuori dal carbone entro il 2025», ha annunciato il ministro Galletti, presente all’evento. «Abbiamo costruito la SEN su obbiettivi ambientali basati sull’Accordo di Parigi, includendo questo obiettivo. Questa decisione va nella direzione di ridurre le emissioni del 40%, raggiungere una quota del 28% di energie alternative sui consumi complessivi al 2030 rispetto al 17,5% del 2015, raggiungendo per il solo consumo elettrico una quota del 55%. Chiudere le centrali a carbone scosterà 3 miliardi. Ma è una scelta necessaria »

Gli obiettivi sono ambiziosi: si punta ad includere altri cinquanta stati entro la prossima conferenza sul clima, la Cop24, che si terrà nella cittadina polacca di Katowice, già nel dicembre 2018. «Serve uno sforzo condiviso per il successo»,, spiega il ministro canadese dell’ambiente Christine McKenna. E per il 2020 il sogno è vedere la maggioranza dei paesi, inclusa la Cina.

Niente Usa, per carità. Almeno fino alle prossime elezioni il carbone non si tocca. Il team Trump, arrivato alla COP23 martedì 14 aveva addirittura organizzato un evento per promuovere King Coal, il carbone come mezzo per sconfiggere la povertà. Mettendo per una volta d’accordo subito tutti i paesi presenti sul cattivo gusto dell’iniziativa. «Promuovere il carbone ad un summit sul clima è come promuovere il tabacco ad un forum sul cancro», ha commentato tranchant l’ex sindaco di NY Michael Bloomberg. IN segno di protesta all’alleanza anti-carbone si sono subito aggiunti gli stati dell’Oregon e Washington che hanno deciso di fare da soli, senza aspettare la Casa Bianca.

Attualmente le emissioni di carbone contribuiscono a circa il 40% del totale dei gas serra. L’alleanza dunque potrebbe accelerare gli impegni per raggiungere gli obiettivi preposti dall’Accordo di Parigi per tenere l’aumento medio delle temperature globali sotto 1,5°C. Non solo. Oltre gli impatti climatici ci saranno anche impatti diretti sulla salute dell’uomo. «Secondo varie ricerche ogni anno muoiono quasi un milione di persone in tutto il mondo per l’inquinamento diretto generato da miniere e centrali a carbone», ha commentato la portavoce di Italian Climate Network, Francesca Mingrone.

Enel condivide il phase-out progressivo e ragionato del carbone, che vedrà convolte le ultime quattro centrali ancora completamente attive, Civitavecchia, Brindisi, Fusina e Sulcis. Ma, spiega in una nota «è urgente definire oggi strategie a lungo termine, evitando soluzioni temporanee che porterebbero a costose revisioni nei prossimi decenni».

«Decisione inutile e costosa» tuona, quasi in maniera scontata, Andrea Clavarino, presidente di Assocarboni. nessun paese può fare phase-out di carbone e nucleare simultaneamente. Questa decisione non cambierà le emissioni e ci renderà più dipendenti dal gas naturale».

Soddisfatte le ONG. «Siamo francamente orgogliosi che il nostro Paese abbia co-promosso questa alleanza» dichiara Mariagrazia Midulla, responsabile clima WWF Italia. «Ci aspettiamo che l’Italia si assicuri di avere tutte le carte in regola, dando immediatamente il via alle politiche e alle misure necessarie per mantenere il proprio impegno di chiudere con il carbone entro il 2025. Il nostro paese può diventare un buon esempio internazionale»