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Firenze: l’economia circolare che non c’è. Ancora

Venerdì 14 giugno 2019, presso il Convitto della Calza, a Firenze, si è tenuto un convegno sul tema dell’economia circolare, dal titolo: “L’economia circolare che non c’è. Ancora”

Il titolo “ad effetto” del convegno, “L’economia circolare che non c’è. Ancora”, tenutosi presso il Convitto della Calza, venerdì 14 giugno 2019, sicuramente apparirà provocatorio per alcuni, ma disvelare certe realtà sull’economia circolare determina sempre qualche “piccolo o grande terremoto”.

Gli interventi, che si sono susseguiti, sono stati tutti molto concreti e soprattutto tesi a spazzare via una “visione bucolica” dell’economia circolare, riportando l’attenzione sulla vera natura della questione: l’economia circolare è una politica industriale, che non riguarda tanto e solo il perimetro delle politiche ambientali ma quelle industriali ed economiche.

Questo vuole dire interessarsi dei mercati, dei flussi dei mercati, con perdite e profitti, ma anche della dimensione industriale delle imprese; in sostanza parlare di economia circolare significa in primo luogo parlare di una maggiore industrializzazione, una maggiore presenza di impianti di gestione rifiuti nei nostri territori.

Come fa notare Antonio Cianciullo, giornalista di La Repubblica, moderatore del convegno, di recente, abbiamo assistito ad un’accelerazione del dibattito sull’economia circolare, probabilmente sotto la spinta di un rinnovato interesse per l’ambiente manifestato a livello globale dal movimento per il clima “Friday for future”, ma anche da alcuni importanti, quanto inquietanti, dati sulle temperature raggiunte nel 2018, uno degli anni più caldi, mai registrati, non solo in Italia ma anche in Europa.

Anche la finanza sembra mostrare un interesse per l’ambiente con il green bond; in particolare, in Norvegia, dove è presente uno dei fondi sovrani più forti al mondo, stanno disinvestendo, con un preciso piano finanziario, dai fossili per puntare sulle energie rinnovabili. La Norvegia infatti non vuole farsi cogliere impreparata, e quindi sanzionabile, nel caso in cui venisse seriamente reso operativo il Patto di Parigi, in questo modo, dal punto di vista economico-finanziario avrebbe guadagnato con la decarbonizzazione ambientalmente ma anche finanziariamente.

Non ci rimane che prendere atto che l’ambiente “comincia ad essere di moda”, questo lo dimostra anche la recente richiesta dei costruttori di automobili negli Stati Uniti d’America: questi hanno chiesto al Presidente americano di re-introdurre norme restrittive circa le emissioni prodotte dalle auto perché il consumatore è sensibile alle questioni ambientali e richiede un’auto rispettosa dell’ambiente, non mostrandosi disponibile a comprarne una priva di certe caratteristiche di sostenibilità ambientale.

Il trend è chiaro … ma i tempi meno!

Stefano Carnevali, AD Unieco Ambiente, sottolinea come ancora oggi, in Italia, l’economia circolare non sia pensata come un comparto industriale.

Questo stallo deve essere superato, per questo è necessario andare oltre alla dimensione sanitaria della questione, le attività e le infrastrutture non possono essere bloccate tenendo conto solo della dimensione sanitaria del loro impatto.

Al tempo stesso è opportuno mantenere una posizione di rilievo, in Europa l’Italia può vantare una certa esperienza nel riciclo ma non deve perdere terreno e rinunciare a margini di crescita.

Affinché l’economia circolare possa affermarsi, Carnevali suggerisce di dotarsi di

  • un quadro giuridico certo, con ridotte, se non nulle, possibilità di interpretazione
  • una PA che si ponga al fianco delle imprese e non in antagonismo con queste
  • attività produttive con dimensione industriale, superando la logica del “piccolo è bello”.

Carnevali conclude che, nel nostro Paese, dobbiamo convincerci che la presenza di impianti industriali di gestione rifiuti è un deterrente all’abbandono e alla gestione illecita degli stessi, al contrario, il settore rischia di finire nelle mani delle organizzazione malavitose e chi si oppone alla costruzione di nuovi impianti, seppur involontariamente e indirettamente, diviene complice delle ecomafie.

Antonio Cianciullo riprende il tema dei nuovi impianti, che oggi, ancora di più, rappresenta una questione di interesse, infatti la Cina insieme ad altri paesi asiatici hanno deciso di bloccare le importazioni di molti materiali, come la plastica, che dobbiamo quindi gestire, meglio riciclare o smaltire nel nostro territorio nazionale, senza pensare a destinazioni altre in Europa o in altre parti del mondo.

Andrea Sbandati, Direttore Cispel Toscana, precisa che l’economia circolare spesso è vista come una sorta di bacchetta magica che fa sparire i rifiuti. In realtà, economia circolare significa più imprese e più mercato, con i pro e i contro dei flussi legati ai mercati ed i rischi industriali connessi alle attività imprenditoriali.

Questo nuovo modo di concepire l’economia, non più lineare ma circolare, è una sfida industriale che deve essere sostenuta anche dalle istituzioni pubbliche, non solo a livello nazionale ma anche regionale e locale, con un impegno forte e chiaro in questa direzione.

Dobbiamo prendere coscienza del fatto che l’economia circolare parte dalla produzione di beni, passa da uno stadio intermedio, rappresentato dallo stoccaggio e dalla preparazione del rifiuto per un suo riutilizzo e riciclo, e finisce in un’attività industriale in grado di re-inserire in un processo produttivo quello che inizialmente era un rifiuto. Questo comporta che la filiera a monte e quella a valle si muovano con un certo coordinamento, in ottica appunto di filiera integrata, perché l’economia circolare funziona, con buoni risultati che ci fanno anche primeggiare in Europa, laddove esiste un mercato consolidato che accoglie i materiali per re-inserli in processi produttivi.

Antonio Cianciullo sottolinea come, nel nostro Paese, si faccia economia circolare dal Medioevo, un esempio per tutti è Prato, ma, da venti anni circa, siamo fermi. Questo è dovuto anche ad una totale assenza di piano industriale che comporta l’incapacità di realizzare gli impianti industriali necessari.

Luana Frassinetti, AD di CSAI, ricorda come, nel prossimo futuro, lo smaltimento in discarica dovrà diventare un pezzetto piccolo della gestione dei rifiuti, perché questo avvenga, in primo luogo, è necessario cominciare a produrre materiali eco-sostenibili, ovvero prodotti il cui ciclo di vita sia stato studiato e valutato attentamente, determinandone preventivamente la destinazione del fine vita.

Fino ad oggi, la discarica (come ad esempio quella di podere Rota) ha avuto un importante ruolo, anche in Toscana, in quanto ha fornito la risposta a molte crisi dei rifiuti; non ultima quella relativa alla gestione dei fanghi, che ha coinvolto, di recente, la nostra regione e che ha visto la discarica prendersi carico di questa tipologia di rifiuti che altri impianti hanno rifiutato.

Oltre alla produzione di prodotti ecosostenibili, dobbiamo anche pensare al fatto che aumentando la raccolta differenziata aumentano gli scarti, che, per lo più, almeno sinora, sono destinati alla discarica, e probabilmente lo saranno anche nel futuro, con “buona pace per la politica del rifiuto zero”.

Infine Frassinetti sottolinea che i gestori di impianti di smaltimento rifiuti, ogni anno, effettuano svariati controlli ambientali e intervengono per eliminare, e se non è possibile fortemente ridurre, ogni tipo di impatto che la loro attività industriale produce sulla popolazione, mostrandosi sensibili all’ambiente ma anche alla popolazione circostante.

Antonio Cianciullo sostiene che, in Italia, ci siano molte paure, nessuno vuole vivere vicino ad impianti di gestione rifiiuti, anche per questo, essendo molto bravi a produrre parole, abbiamo inventato il termine “termovalorizzatore”, che non usano in altri paesi, questo conferma la nostra tendenza a misurarci con gli scenari della fantasia piuttosto che con quelli industriali.

Alessia Schiappini, AD di Alia, ritiene che per affermare l’economia circolare, in primo luogo, serva una buona raccolta differenziata, questo comporta un patto con l’utenza e l’introduzione della tracciabilità del rifiuto, “tracciare l’utenza per avere rifiuti di qualità”. Al contrario sarà difficile potere garantire quelle caratteristiche di qualità, richieste dalle imprese e condicio sine qua non per avviare al riciclo i nostri rifiuti, se questo non avverrà, purtroppo, avremo solo una quantità maggiore di scarti.

Sergio Gatteschi, Presidente regionale di Amici della Terra, pensa che si possa affermare un modello basato sull’economia circolare se verrà:

  • superata la cultura del sospetto, che vede la gestione illecita dei rifiuti ovunque
  • dettato un quadro normativo dove sia disciplinata in modo corretto la materia seconda, nonché normato l’end of waste
  • implementata la progettazione di beni facilmente riciclabili a fine vita; come accade, ad esempio, nel settore dell’automobile, dove è previsto che i materiali utilizzati siano riciclabili al 90%
  • superato il pregiudizio legato al recupero energetico, che deve anch’esso trovare uno spazio privo di osteggiamenti.

Federica Fratoni, Assessore Ambiente Regione Toscana, riconosce che la Toscana si deve dotare di un maggiore numero di impianti per la gestione di rifiuti, che ancora oggi lo smaltimento in discarica è alto (circa il 30%) mentre la raccolta differenziata non raggiunge percentuali tra le più alte nel panorama nazionale, attestandosi a circa il 50%.

Il cambiamento di modello economico deve sicuramente subire un’accelerazione ma molto deve fare anche il legislatore nazionale, si pensi alla disciplina del sottoprodotto o a quella dell’end of waste o alla necessità di creare una normazione su certi aspetti similare tra rifiuti urbani e speciali e molto altro ancora.

Probabilmente l’occasione concreta, a livello nazionale, per dare avvio ad un reale cambiamento potrà manifestarsi con il recepimento del pacchetto UE sull’economia circolare.

Nel frattempo l’Assessore ricorda che la Regione ha avviato alcuni tavoli sull’economia circolare, definendo in certi settori, come il conciario, anche interessanti accordi, altri ne verranno stipulati in futuro, con il settore tessile, per esempio, ma anche con altri comparti industriali rappresentativi nel nostro tessuto industriale regionale.

Chiude il convegno il moderatore, Antonio Cianciullo, auspicando che un ritardo, come quello che si registra in Toscana, possa trasformarsi in un futuro vantaggio costituito da un’accorta pianificazione e realizzazione di impianti di nuova generazione utili alla realizzazione di un concreto sistema fondato sull’economia circolare.