Home Notizie dai Consorzi Irex 2019: rinnovabili, ora sono aziende e consumatori a chiederle

Irex 2019: rinnovabili, ora sono aziende e consumatori a chiederle

Il Rapporto presentato a Roma da Althesys il 9 aprile rileva un cambiamento di scenario: dopo le politiche dei governi e gli incentivi, oggi il traino degli investimenti viene dalle aziende, dagli investitori, dai consumatori. In Italia un’azienda su quattro utilizza solo rinnovabili. Boom di acquisizioni. I nuovi numeri del settore

Si apre una nuova era per l’energia pulita: dopo la spinta delle politiche e degli incentivi pubblici, oggi gli investimenti sono stimolati dal mercato e dai consumatori, che sono i primi a scommettere sulle energie verdi e a fare da traino a uno sviluppo più sostenibile, sostituendo in parte policy maker e incentivi pubblici.

È una delle novità che emerge dalla nuova edizione del Rapporto Annuale Irex Il sistema elettrico italiano e le rinnovabili. Mercato, decarbonizzazione, infrastrutture”, presentato stamani a Roma nella sede del GSE.

I grandi consumatori (industrie energivore, alimentari e big player dell’IT) scelgono sempre più politiche di acquisto dell’energia che puntano sul green. L’analisi delle prime 100 aziende italiane per fatturato mostra che il 23% utilizza solo energia rinnovabile, mentre circa il 35% copre con questa più della metà dei suoi consumi. Anche i consumatori retail puntano sempre più sulle rinnovabili e sull’autoconsumo, grazie anche alla diffusione dei prosumer, delle comunità energetiche e degli aggregatori.

“Sta nascendo una nuova visione delle rinnovabili, che passa da una logica ‘push’ da parte delle policy e degli incentivi, ad una ‘pull’, dove la domanda dei consumatori, grandi e piccoli, trainerà lo sviluppo delle rinnovabili. Chiusa l’era degli incentivi, se ne apre una nuova, dove il mercato si sostituirà, almeno in parte, ai policy maker – spiega l’economista Alessandro Marangoni, capo del team di ricerca e ceo di Althesys – . Gli obiettivi sfidanti per le rinnovabili al 2030 – prosegue Marangoni – stanno già favorendo un aumento degli investimenti delle principali utility europee”.

Gli investimenti e le tendenze strategiche – Gli investimenti italiani nel 2018 sono stimati in 11,3 miliardi di euro per 10,8 GW di potenza. Il dato è in diminuzione del 16% rispetto al 2017, che aveva segnato il record storico, ma rimane ben al di sopra di quelli del 2016. La crescita interna ha coperto il 33% della potenza e il 42% del valore. Mentre il 63% delle iniziative ha avuto luogo in Italia, gran parte degli investimenti (2,7 miliardi di euro per 2,5 GW) sono stati sviluppati all’estero.
L’eolico cresce, arrivando al 62% della potenza totale, pari al 48% del valore, con oltre la metà delle operazioni all’estero. Il fotovoltaico copre il 31% della potenza ed il 37% del valore. Nel 2018 il peso delle operazioni dell’idroelettrico è sceso al 5%, mentre è cresciuto quello delle biomasse (7% pari a 340 milioni) grazie anche agli incentivi per il biometano.

L’industria elettrica europea – La transizione energetica ha già spinto le venti maggiori utility europee a pianificare 78 GW di nuovi impianti rinnovabili entro il 2025. Le Top 20 coprono il 45% della capacità di generazione europea e il 32% di quella rinnovabile, pari a 166 GW. A questi si aggiungono circa 62 GW nel resto del mondo, arrivando così a un totale di 228 GW.
L’Europa continua però a perdere peso (72,8% della potenza contro l’81,5% nel 2010). Aumenta invece l’incidenza delle attività extraeuropee. L’America Latina sale, infatti, al 15% degli investimenti, restando la prima meta, seguita dal Nord America (9,6%). La capacità estera è aumentata del 40% tra il 2010 e il 2017, arrivando a circa il 50% del totale. L’evoluzione coinvolge anche le major oil&gas, che iniziano ad investire nelle rinnovabili e nell’economia circolare.

Calano ancora i costi delle rinnovabili – In linea con il trend degli ultimi anni, continuano a scendere in Europa i costi di eolico e fotovoltaico. Il LCOE medio (costo di generazione nell’arco di vita dell’impianto) dell’eolico è diminuito del 2% rispetto al 2017 e si attesta a 43,3 €/MWh. L’Italia però rimane la più costosa, con 61,5 €/MWh contro il minimo di 35 dei Paesi Bassi.
Quello del fotovoltaico è stimato in 68,5 €/MWh per gli impianti commerciali e 58,8 per quelli utility scale, in discesa rispettivamente del 12,7% e del 7,6%. Anche nel fotovoltaico utility scale, il LCOE italiano risente dei maggiori costi del sistema economico e normativo.

La rivoluzione elettrica che verrà – Le politiche per la decarbonizzazione puntano sull’elettrificazione dei consumi con la diffusione di nuove tecnologie. L’auto elettrica e le pompe di calore sono due elementi che potrebbero favorire un maggiore utilizzo del vettore elettrico. Il potenziale impatto della mobilità elettrica, sebbene ancora poco diffusa in Italia, potrebbe essere rilevante sul funzionamento dell’intero sistema, nonostante l’incidenza sui consumi sarà limitata. Si ipotizzano al 2030 consumi annuali per la ricarica tra 4 e 10 TWh. Una crescita al 2030 fino a quattro milioni di nuove pompe di calore comporterebbe un aumento della domanda di 11 TWh.

Sicurezza del sistema e uscita dal carbone – L’evoluzione della capacità installata e dei profili di carico alla punta potranno avere effetti significativi sull’equilibrio del sistema elettrico italiano. Alcuni scenari sull’adeguatezza a cinque e dieci anni mostrano diverse criticità, solo parzialmente risolte dall’entrata in esercizio al 2026 di nuove centrali a gas e oltre 3 GW di accumuli. La previsione di chiusura delle centrali a carbone entro il 2025 rende necessari corposi investimenti, sia per nuova capacità di generazione (tanto a gas che rinnovabile), sia per interventi per il rafforzamento delle reti e lo sviluppo degli accumuli. È necessario definire un percorso di uscita in grado di mantenere il sistema in sicurezza. “Per preservare la sicurezza del sistema elettrico – riassume Marangoni – si richiedono cospicui investimenti in nuova capacità, sia rinnovabile che a gas, nelle infrastrutture e negli accumuli. Il 2025 è vicino e serve una roadmap stringente per arrivare ben preparati”.