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Mancano impianti di riciclo e recupero, discariche quasi sature, crescono export e “turismo dei rifiuti”

Fise-Assoambiente

Una “Strategia nazionale per la gestione dei rifiuti” per superare le emergenze: è la proposta di FISE Assoambiente, che anticipa in un dossier la pubblicazione del Rapporto annuale. Secondo lo studio servono 10 miliardi di euro di investimenti nei prossimi 15 anni per raggiungere gli obiettivi della circular economy; la strada da percorrere è quella che passa attraverso Recovery Fund e Programma nazionale per la gestione dei rifiuti.

“La gestione dei rifiuti nel nostro Paese nell’ultimo anno e mezzo ha visto un aumento della produzione, una riduzione degli impianti, una crescita dell’export e della movimentazione fuori Regione. Per cogliere la sfida europea della circular economy (obiettivi: 65% di riciclo e 10% in discarica al 2035 per i rifiuti urbani) occorrerà aumentare sensibilmente la raccolta differenziata fino all’80% e la capacità di riciclo, limitando il tasso di conferimento in discarica e innalzando al 25% la percentuale di valorizzazione energetica dei rifiuti al fine di chiudere il ciclo. Per farlo, oggi non è più rinviabile la definizione di una “Strategia nazionale per la gestione rifiuti”, cogliendo le opportunità irripetibili che nei prossimi mesi arrivano dai nuovi fondi europei e dal Programma nazionale per la gestione dei rifiuti. Servono investimenti in impianti di riciclo, recupero e smaltimento per 10 miliardi di euro”.

Sono queste le principali evidenze che emergono dal dossier “Per una Strategia Nazionale dei rifiuti – La strategia nazionale mette le gambe”, che anticipa la pubblicazione del rapporto promosso da FISE Assoambiente (Associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali ed attività di bonifica). Il dossier è stato realizzato per l’associazione dal Laboratorio REF ricerche e presentato a Milano nel corso de “Il Verde e il Blu Festival”, in programma dal 25 al 27 settembre.

Il dossier analizza le criticità che ancora frenano lo sviluppo industriale del settore della gestione rifiuti, evidenziando come poco o nulla sia stato fatto negli ultimi 18 mesi per migliorare la situazione del nostro Paese. Le proposte avanzate dall’associazione sono rimaste inascoltate: nulla è stato fatto sul fronte dell’elaborazione di una strategia nazionale dei rifiuti, né per colmare la carenza impiantistica attraverso un piano di investimenti straordinari, né per migliorare il quadro di regole per il settore che resta troppo complesso e incerto (in forte ritardo anche sui decreti End of Waste). La sindrome Nimby (Not In My Back Yard) continua a diffondersi sui territori e tra le fila dei rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali, frenando la realizzazione di opere necessarie per il nostro Paese.

Intanto, gli obiettivi fissati a livello europeo prevedono che entro il 2035 dovrà essere avviato a riciclo il 65% dei rifiuti (per farlo, al netto degli scarti dei processi di recupero, bisognerà portare la raccolta differenziata almeno all’80%) oggi siamo al 45%, in discarica il 10% (oggi siamo al 22%) e la restante parte dovrà essere avviata a recupero energetico, oggi siamo al 18%.

Contrariamente a quanto previsto dagli obiettivi europei per la Circular economy negli ultimi 18 mesi, invece:

  • è aumentata la produzione di rifiuti: +2% (+590mila ton) di rifiuti urbani rispetto al 2018, +3,3% (+4,6 mln/ton) di rifiuti speciali;
  • sono diminuiti gli impianti di gestione: -396 impianti totali per gli speciali (meno impianti di incenerimento e di digestione anaerobica);
  • sono aumentati i deficit regionali (a 2,2 mln/ton), quindi la movimentazione di rifiuti a recupero energetico/smaltimento;
  • è cresciuto l’export di rifiuti: +31% (+110mila ton) per gli urbani, +14% (+420mila ton) per gli speciali;
  • sono aumentati i costi di smaltimento: + 40%.

“La pandemia ha prodotto una buona risposta da parte delle imprese dei rifiuti abituate ad agire in un contesto emergenziale, ma al contempo ha sottolineato le fragilità del sistema e i problemi di sicurezza per la gestione degli urbani, accentuati dal blocco dell’export da cui dipendono le filiere del recupero di materia – ha evidenziato il presidente di FISE Assoambiente Chicco Testa, commentando lo studio – Oggi è ancora più necessario definire una strategia nazionale di gestione dei rifiuti che fornisca una visione nel medio-lungo periodo migliorando le attuali performance. Per farlo nei prossimi mesi abbiamo due irripetibili occasioni da cogliere: il piano di aiuti messo in campo dalla UE (Recovery Fund) e il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti da definire nei prossimi 18 mesi secondo quanto previsto dalla direttiva europea appena recepita.

Fare economia circolare significa disporre degli impianti di gestione dei rifiuti con capacità e dimensioni adeguate alla domanda. I nostri dati evidenziano come in Italia servano impianti di recupero (di materia e di energia), a partire dagli oltre 40 in grado di trattare la frazione organica, per finire con termovalorizzatori che possano gestire rifiuti urbani e speciali non riciclati. Un investimento complessivo che richiederà 10 miliardi di euro, interamente recuperabili da risorse finanziarie di mercato, garantite da una regolazione equa ed efficace. Abbiamo dinanzi a noi un’occasione unica, non possiamo mancarla”.

Lo studio sottolinea come per raggiungere questi obiettivi occorreranno anche strumenti economici a sostegno dell’utilizzo dei materiali riciclati e per l’uso di sottoprodotti e materiali End of Waste, oltre a un quadro normativo chiaro per il settore, che semplifichi le procedure di autorizzazione, favorisca investimenti e sana competizione fra imprese, consentendo di realizzare tutti gli impianti necessari.