Home Demolizioni Ponte Morandi, 40 nuovi indagati per la strage: “Responsabilità dagli Anni 90”

Ponte Morandi, 40 nuovi indagati per la strage: “Responsabilità dagli Anni 90”

Coinvolti altri dirigenti e tecnici di Autostrade e del ministero dei Trasporti

La Procura di Genova ha iniziato la notifica di almeno 40 nuovi avvisi di garanzia nell’inchiesta sulla strage del Ponte Morandi (43 morti il 14 agosto scorso dopo il crollo): nel mirino sono finiti nuovamente dirigenti e tecnici di Autostrade per l’Italia, della controllata Spea Engineering (delegata a manutenzioni e monitoraggi) e del ministero dei Trasporti. L’elenco dei nuovi nomi si aggiunge ai 21 iscritti precedentemente, per una sessantina di inquisiti complessivi in quella che ormai si annuncia come un’inchiesta-monstre. Nel ricostruire le responsabilità, gli inquirenti sono risaliti fino agli Anni 90, quando solo una parte del viadotto poi distrutto fu sottoposta a una ristrutturazione strutturale. Dopo un primo incidente probatorio finalizzato a certificare le condizioni delle macerie, a breve ne sarà chiesto un altro sulle vere e proprie cause del massacro.

“Rischi noti ma lavori rinviati” 
Le accuse per tutti gli indagati sono di omicidio colposo e stradale, disastro e attentato alla sicurezza dei trasporti. Il procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio e i sostituti Walter Cotugno e Massimo Terrile, titolari del fascicolo, ha successivamente contestato l’aggravante della “colpa cosciente”: secondo la Guardia di finanza (le indagini sono condotte dal Primo gruppo agli ordini dei colonnelli Ivan Bixio e Giampaolo Lo Turco), i sospettati presero in considerazione l’ipotesi che il viadotto potesse crollare, ma alla fine ritennero che non sarebbe successo, correndo così quel “gravissimo azzardo” che si è infine rivelato fatale.

Il nodo degli accertamenti è rappresentato dal rinvio d’un maxi-progetto di ristrutturazione dei tiranti del ponte – il cui cedimento su uno dei piloni è ritenuto la probabile causa dello scempio – elaborato da Autostrade nel 2015, ma slittato fino alla tragedia. È convinzione degli investigatori che l’azienda lo abbia rimandato per drenare i costi (il valore dei lavori superava i 20 milioni) e per evitare che fossero compiuti collaudi e verifiche in corso d’opera, dai quali rischiava di scaturire uno stop al traffico sul Morandi.

Non mancano, come premesso, addebiti pure ai funzionari ministeriali che allungarono la procedura e in generale non segnalarono anomalie, nonostante al piano di restyling fossero allegati vari dossier allarmanti. Non solo. I magistrati hanno deciso di andare a ritroso negli accertamenti fino appunto agli Anni 90 poiché proprio nel 1993 i tiranti d’un solo pilone, sopravvissuto al crollo, furono sottoposti a un intervento che mise in luce varie forme di corrosione e deterioramenti.

I militari hanno inoltre acquisito numerosi scambi chat e mail nei quali alcuni indagati palesano una preoccupazione sulla tenuta dell’infrastruttura superiore a ciò che dichiaravano nei documenti ufficiali, e le copie di altri supporti informatici saranno acquisite nelle prossime ore dalle Fiamme Gialle.