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RAEE, sei nazioni a confronto: i risultati

In occasione della pubblicazione del Rapporto di Sostenibilità 2018, ECODOM ha invitato a Roma, l’11 giugno 2019, tutti i propri stakeholder a conoscere i punti di forza e le criticità dei sistemi di gestione dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche adottati in UK, Francia, Spagna, Portogallo, Olanda e Italia

I risultati del convegno riassunti in quattro punti chiave

Un sistema multi-consortile con un organismo di coordinamento, più controlli sulle attività dei soggetti incaricati di effettuare la raccolta dei RAEE, standard di qualità per il trattamento dei RAEE più rigorosi e obbligatori per legge, divieto di transazioni finanziarie in contanti. Sono queste le quattro “best practices” – che i diversi Stati membri potrebbero utilizzare per costruire sistemi di gestione dei RAEE più armonizzati in tutta Europa – emerse nel corso del convegno “RAEE – Sei nazioni a confronto”, organizzato da Ecodom martedì 11 giugno 2019 a Roma.

La tavola rotonda, alla quale hanno partecipato i rappresentanti dei sei più grandi consorzi RAEE di Francia, Regno Unito, Spagna, Portogallo, Olanda e Italia, ha offerto innanzitutto l’opportunità di confrontare i risultati ottenuti dai Sistemi di responsabilità estesa dei Produttori di AEE in questi sei Paesi (si veda la presentazione qui). Ma la discussione – moderata da Massimo Cerofolini – ha inoltre consentito di esaminare i rispettivi modelli di gestione dell’E-Waste, in un momento storico particolarmente delicato (con tutti gli Stati membri impegnati nel recepimento delle Direttive europee sull’Economia Circolare).

“Le precedenti Direttive comunitarie sono state recepite in modo molto diverso dai vari Paesi, ma sono emerse alcune best practices che varrebbe la pena di mettere a fattor comune, per far nascere Sistema nazionali più simili tra loro, che siano la somma delle positività degli attuali modelli”. È quanto ha sostenuto il direttore generale di Ecodom, e rappresentante italiano al tavolo, Giorgio Arienti, al termine del confronto con i colleghi Christian Brabant di ESR, Mark Burrows-Smith di REPIC, Andreu Vilà di ECOTIC, Pedro Nazareth di ELECTRAO e Jan Vlak di WECYCLE.

Ognuno dei partecipanti ha focalizzato il proprio intervento sui rispettivi sistemi, sui punti di forza e di debolezza e sui risultati operativi raggiunti nei propri Paesi. Una particolare attenzione è stata rivolta al target europeo di raccolta dei RAEE, misurato dal tasso di ritorno (ovvero il rapporto tra RAEE gestiti e AEE immesse sul mercato), che dal 2019 passa dal 45% al 65%. La classifica è guidata dall’Olanda con il 50% di ritorno, seguita da Francia e Spagna (49%), Portogallo (48%), Italia (37%) e Regno Unito (35%).

I sei modelli a confronto

I rappresentanti dei vari consorzi hanno poi descritto i diversi modelli di gestione dei RAEE vigenti nei rispettivi Paesi. Dal sistema multi-consortile francese, nel quale – come ha spiegato Brabant – c’è “una regolamentazione molto salda, che ci aiuta a raggiungere questi alti livelli di raccolta. Il sistema RAEE è organizzato sotto l’egida del governo che ha introdotto programmi di restituzione o di ritiro dell’usato, nonché l’obbligo di utilizzare solo sistemi di pagamento tracciabili”, a quello inglese, definito da Mark Burrows-Smith di REPIC molto più liberal rispetto a quello francese, senza alcun organismo di coordinamento, con un “mercato aperto” che intercetta gran parte dei RAEE. Andreu Vilà ha spiegato che “anche in Spagna vige un modello aperto. Questo significa – ha aggiunto  – che i RAEE possono essere gestiti sia dai Sistemi EPR che da altri operatori, con una grande concorrenza in un mercato abbastanza regolamentato”: come detto Vilà, nel sistema spagnolo esiste infatti un organismo di coordinamento, anche se solo volontario, al quale aderiscono sei consorzi su dodici. Pedro Nazareth di ELECTRAO, ha raccontato che in Portogallo “il principio del sistema RAEE è quello di garantire una libertà di associazione tra tutti i Produttori purché adempiano ai propri obblighi”, anche in questo caso senza alcun organismo di coordinamento. In Olanda, ha spiegato Jan Vlak “non esiste né l’obbligo di consegna dei RAEE ai consorzi, né una Clearing House, né la possibilità di applicare una visible fee. Tre sono i pilastri – ha precisato Vlak – che regolano il sistema: il primo è l’obbligo di collaborazione tra tutti gli stakeholder; il secondo è l’obbligo di rispettare lo standard WEEELabex, adottato nel 2015 per migliorare il trattamento dei rifiuti; il terzo è l’obbligo di rendicontazione al registro nazionale, che conteggia tutte le quantità raccolte perché si abbia traccia dei flussi”. Per Giorgio Arienti di ECODOM, “l’Italia è una best practice a livello europeo per quanto riguarda l’organizzazione del sistema, grazie alla presenza del Centro di Coordinamento RAEE che garantisce un modello multi-consortile regolato”. La Clearing House italiana – secondo Arienti – “ha permesso dal 2008 a oggi di coniugare un servizio capillare a tutto il paese con una continua ricerca dell’efficienza, attraverso una sana competizione fra più sistemi collettivi senza mai fenomeni di cherry picking”. Qual è il lato negativo del modello italiano? “Nel nostro sistema – ha detto Arienti – i soggetti che raccolgono i RAEE possono tranquillamente cederli a qualunque operatore che sia in possesso di un’autorizzazione al trattamento di questi rifiuti: molti di questo soggetti, pero, effettuano un trattamento non corretto dal punto di vista ambientale, sfruttando anche il fatto che dal 2014 stiamo aspettando il Decreto sulla qualità del trattamento”.

I flussi paralleli

Come fanno i sei Paesi a fronteggiare il problema dei flussi paralleli, cioè dei RAEE non gestiti dai sistemi formali istituiti dai Produttori di AEE? In Francia, ha spiegato Brabant, “ci siamo resi conto che attraverso un coinvolgimento dei rivenditori sarebbe stato possibile intercettare gran parte di questi flussi”. Brabant ha poi spiegato come la Francia abbia introdotto il divieto di utilizzare i contanti nelle transazioni relative ai RAEE, maggiori controlli alle frontiere e “sanzioni pecuniarie che possono arrivare fino a tre anni del proprio fatturato”. Il Regno Unito “pone molta attenzione al tema del cambiamento climatico – ha dichiarato Burrows-Smith – quindi allo smaltimento adeguato dei RAEE relativi alla refrigerazione e al condizionamento. Il governo è stato molto attivo nell’introdurre controlli sulle attività di trattamento di questi RAEE. Non è più possibile effettuare pagamenti in contanti e sono state introdotte una serie di sanzioni correlate ai crimini ambientali”. In Spagna, ha spiegato Vilà, “ci sono flussi paralleli legali e illegali; i primi provengono dai distributori, non rientrano nel conteggio ufficiale dei RAEE raccolti, ma noi crediamo rappresentino almeno il 30% del totale dei RAEE generati. I flussi illegali sono invece totalmente sconosciuti”. Per il rappresentante di ECOTIC, in Spagna è difficile adottare una misura “ban on cash a causa di implicazioni tributarie e fiscali”. “In Portogallo – ha aggiunto Nazareth – è sviluppato il fenomeno del riutilizzo delle apparecchiature elettroniche, a causa della situazione economica non particolarmente sviluppata: l’esportazione di AEE usate non è quindi un problema per noi”. Per Jan Vlak, in Olanda “un terzo di tutti i RAEE generati viene trattato in modo adeguato, un terzo viene riciclato ma non come RAEE, e un terzo scompare, cioè lascia il Paese legalmente o illegalmente”. La stima migliore, secondo Vlak, è che circa 180mila tonnellate finiscano in flussi paralleli. “Per raggiungere l’obiettivo del 65% servono altre 90mila tonnellate, quindi avremmo bisogno di intercettare metà dei flussi paralleli ipotizzati”.  Secondo Giorgio Arienti “l’Italia non sta facendo nulla. Sul Raggruppamento R4, che è il mondo delle piccole apparecchiature, l’immesso sul mercato nel 2018 è stato di circa 300mila tonnellate: noi ne abbiamo raccolte 63mila, quindi ne mancano 230mila all’appello”. Per Arienti, “su R4 bisogna spiegare ai consumatori che anche per i RAEE bisogna fare una raccolta differenziata”.

Pacchetto economia circolare: a che punto siamo?

Sul processo di recepimento delle Direttive europee sull’Economia Circolare, la situazione nei sei Paesi è molto disomogenea. In Francia, ha detto Brabant, “ormai da più di un anno abbiamo avviato un confronto con il Governo e creato diversi gruppi di lavoro. La scorsa settimana è stato presentato il draft della legge di recepimento che sarà discusso in Consiglio dei Ministri a metà luglio. Immaginiamo che ad ottobre arriverà in Parlamento, quindi molto probabilmente il recepimento avverrà intorno a marzo del prossimo anno”. L’esecutivo di Londra, ha detto Burrows-Smith, “si è attivato nel settore delle politiche ambientali, pubblicando una serie di piani piuttosto ambiziosi da qui ai prossimi 25 anni. Il focus attuale è prevalentemente sul tema degli imballaggi”. In Spagna, ha detto Vilà, “le iniziative che il governo vorrebbe adottare in relazione allo sviluppo dell’Economia Circolare entro il 2020 si stanno concentrando sulla plastica, mentre per quanto riguarda i RAEE temo che non ci siano azioni specifiche in programma”. In Portogallo “ci sono già alcune iniziative in corso – ha detto Nazareth – Un anno e mezzo fa abbiamo approvato un piano nazionale per l’Economia Circolare che stabilisce gli obiettivi, il coinvolgimento dei vari stakeholder e le attività che il governo intende realizzare”. “Nel 2017 il ministero dell’ambiente olandese – ha spiegato Vlak – ha chiesto ai Produttori un piano per raggiungere l’obiettivo del 65% entro tre anni. Le organizzazioni dei Produttori hanno definito un piano d’azione, mettendo a disposizione un fondo da 15milioni di euro e proponendo 10 azioni specifiche da realizzare”. In Italia, ha detto Arienti, “il primo passo del processo di recepimento è la Legge di Delegazione Europea, che è stata approvata a novembre 2018 alla Camera e che da allora è ferma al Senato. La preoccupazione – ha aggiunto il rappresentante italiano – è che per la fretta di recuperare il tempo perso verranno emanate leggi fatte male, poco praticabili, scritte senza consultare le parti in causa; leggi scritte a tavolino, senza aver capito di cosa realmente hanno bisogno quelli che lavorano tutti i giorni con i RAEE. Quindi l’invito che faccio al Ministero – ha concluso Arienti – è quello di ascoltare gli stakeholder, i sistemi collettivi e i Produttori, così come le associazioni dei riciclatori, gli enti locali, e tutti i soggetti che hanno maturato anni di esperienza nella gestione dei RAEE”.

Quattro obiettivi da inseguire

Al termine dei lavori è stato proprio Arienti a riassumere quelli che potrebbero essere i quattro punti comuni da inserire in un sistema RAEE che sia in grado di sommare le “positività dei diversi Paesi”. “Certamente una best practice – ha detto Arienti – è la Clearing House, l’organismo di coordinamento che in Italia è rappresentato dal Centro di Coordinamento RAEE. Un secondo elemento da tenere in considerazione è il mandatory handover dei RAEE ai Consorzi, o almeno un forte sistema di controllo dei soggetti a cui i RAEE possono essere destinati. Un terzo elemento è l’introduzione di standard di qualità obbligatori per legge, come accade in Francia e in Olanda dove WEEELabex è uno standard legalmente obbligatorio. Un altro punto forte – ha chiuso l’italiano – è il divieto di pagare in contanti le transazioni relative ai rottami e ai rifiuti in generale. Prenderei queste quattro idee e le metterei nelle diverse legislazioni nazionali, per dare vita a sistemi di gestione dei RAEE che funzionino in modo positivo”.

Presentazione ECODOM