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Sequestrata la Caffaro: inquina ancora

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La Caffaro di Brescia è tuttora “fonte primaria di inquinamento del suolo, del sottosuolo e della falda acquifera sottostante l’azienda”. Sono allarmanti i toni del provvedimento di sequestro cautelativo disposto dalla Procura di Brescia per la storica azienda nel cuore della città, dal 2003 iscritta tra i siti di interesse nazionale (SIN) per il grave inquinamento da pcb e altre sostanze. Vietato anche l’esercizio di uffici direttivi a tre manager della società.

Il provvedimento, eseguito dai carabinieri Forestale e disposto dal gip Alessandra Sabatucci su richiesta del sostituto procuratore Donato Greco e dell’aggiunto Silvio Bonfigli, è dovuto al continuo inquinamento dell’impianto, che registra valori di cromo e mercurio ben al di sopra dei parametri di legge. A seguito del sequestro è stato nominato un custode giudiziario che dovrà garantire il mantenimento attivo della barriera idraulica che impedisce ai veleni di raggiungere la falda cittadina.

Una storia inquinata

La storia della Caffaro parla di inquinamento fin dal 1906 quando la società avviò la produzione di energia elettrica ed elettrolitica di cloro e soda caustica. Nei primi anni Ottanta si iniziò a considerare la pericolosità dei rifiuti tossici delle produzioni Caffaro e il Comune di Brescia verificò il forte inquinamento da tetracloruro di carbonio di alcuni pozzi dell’acquedotto pubblico. La Caffaro interruppe la produzione di PCB nel 1984 e quella del cloro nel 1997 insieme all’impiego del mercurio.

Oggi l’azienda utilizza cloro proveniente da altri impianti, per produrre acido cloridrico, clorito di sodio, clorato di sodio, ipoclorito di sodio e cloruro di calcio. Intanto, dal 2003 il sito Caffaro è diventato SIN per la contaminazione delle acque superficiali, sotterranee e del suolo da diverse sostanze organiche clorurate persistenti (principalmente PCB, diossine e furani) e alcuni metalli pesanti (soprattutto mercurio e arsenico).

Il disastro ambientale di oggi

Ma l’indagine che ha portato al sequestro “parla al presente e riguarda l’inquinamento oggi in atto, non lo storico” ha detto il procuratore aggiunto di Brescia Silvio Bonfigli che con il sostituto Donato Greco ha chiesto e ottenuto il sequestro. Sotto accusa, dunque, è l’attuale ciclo produttivo dell’azienda. I reati contestati sono quelli di inquinamento ambientale, deposito di rifiuti speciali pericolosi, tra cui il cromo esavalente, e disastro ambientale.

Le indagini sono state complesse, innescate dalle comunicazioni dell’Arpa nel 2019. L’ultimo accertamento è stato programmato dopo che le analisi dell’11 gennaio hanno rilevato la presenza di cromo VI in quantità da 10 a 15 volte maggiori rispetto allo ‘storico’ nel sito Caffaro. Dieci giorni fa, i tecnici di Arpa hanno quindi prelevato campioni da 5 piezometri tra via Morosini, campo Calvesi, via Rose e via Industriale (2 presso la Csb), in un raggio tra 150 e 200 metri dal sito Caffaro. “Se c’è stata una fuoriuscita – aveva spiegato Fabio Cambielli, direttore del dipartimento bresciano di Arpa – sono i primi ad intercettarla”.

Presente al campionamento la Caffaro Brescia, in liquidazione e non responsabile dell’inquinamento storico da Pcb. Arpa aveva invitato anche Caffaro Srl, Caffaro Chimica Srl, Snia Spa, Livanova Plc, Angiola Srl, a cui, la settimana prima il ministero dell’Ambiente aveva indirizzato l’ordinanza per il mantenimento della barriera idraulica (che evita l’incontro tra falda e suolo inquinato del sito industriale).

I risultati hanno portato all’immediato sequestro. Mentre noi parliamo il cromo esavalente percola. Abbiamo visto il mercurio che galleggia sul suolo – ha sottolineato ancora Bonfigli – La situazione è inquietante. Bisogna intervenire per mettere in sicurezza la falda. Immediatamente. Poi si discuterà della bonifica”.

Il tavolo regionale per la bonifica

Di bonifica si parla comunque al tavolo tecnico regionale dedicato alla Caffaro, che a questo punto deve affrontare anche le problematiche conseguenti al sequestro dell’area. “Obiettivo: assicurare la continuità della barriera idraulica, unico elemento di garanzia contro la diffusione ulteriore dell’inquinamento nella falda – dice l’assessore lombardo all’Ambiente Raffaele Cattaneo – Nonché l’avvio nel più breve tempo possibile dei lavori di bonifica. Auspichiamo che il ministero dell’Ambiente e il Commissario possano anticipare, anche con misure di emergenza, l’esecuzione degli interventi e garantire un’accelerazione di tutte le altre opere di bonifica dell’area”.