
L’Italia si trova oggi a un bivio cruciale nella gestione della risorsa idrica, sempre più sotto pressione per effetto dei cambiamenti climatici, dell’obsolescenza infrastrutturale e della frammentazione normativa. È con questo scenario sullo sfondo che si è svolto lo scorso 19 giugno, a Milano, l’Acqua Summit 2025 organizzato da Il Sole 24 Ore: un momento di confronto tra istituzioni, gestori del servizio idrico, esperti e operatori industriali, chiamati a fare il punto su investimenti, strategie e tecnologie per uscire da una logica emergenziale e avviare una gestione strutturata, resiliente e sostenibile dell’acqua.
Dalla necessità di una pianificazione integrata agli strumenti di prevenzione dei disastri idrici, dal ruolo strategico dell’idroelettrico alla digitalizzazione delle reti, fino all’urgenza di sviluppare il riuso dei reflui trattati: il dibattito ha evidenziato criticità note, ma anche esperienze virtuose e soluzioni già disponibili. Al centro, una convinzione condivisa: solo con un’azione coordinata tra Stato, Regioni, imprese e cittadini sarà possibile restituire valore a una risorsa sempre più preziosa e fragile.
Catalano (Mit), per gestione efficiente serve pianificazione e programmazione
“La gestione della risorsa idrica va differenziata tra misure strutturali, quindi infrastrutture, e non strutturali, per esempio il perseguimento di scenari strategici su cui il Mit può avere un peso importante”. Lo ha detto Angelica Catalano, direttore generale per le Dighe e le Infrastrutture Idriche ed Elettriche del Mit, intervenendo all’Acqua Summit 2025 organizzato da Il Sole 24 Ore e in corso a Milano, e sottolineando che “anche le regioni hanno un ruolo rilevante, per esempio nella gestione del patrimonio delle risorse esistenti e il riordino delle competenze”. Nel frattempo, però, “la differenza tra gestione e programmazione è deficitaria. Le Regioni hanno regole, che non sono uguali sul territorio nazionale. Negli ultimi sei anni si sono usati criteri territoriali, legati a fattori specifici, ma questo approccio può andare bene per alcune regioni e non per altre”, ha detto Catalano, spiegando che “serve una pianificazione e, in base a questa, una programmazione. La pianificazione va portata avanti nel rispetto dell’Agenda 2030. Con il Pnrr abbiamo fatto valutazioni di interventi, li abbiamo classificati e stiamo intervenendo”.
D’Angelo (Protezione Civile), serve cambio paradigma, non basta gestire emergenze
Nella gestione delle risorse idriche “serve un cambio di paradigma, per passare da una gestione delle emergenze a una gestione ordinaria. L’obiettivo è di superare le emergenze e il concetto di emergenza, lavorando sulla prevenzione”. Lo ha detto Luigi D’Angelo, direttore dell’Ufficio Gestione delle Emergenze del Dipartimento della Protezione Civile, intervenendo all’Acqua Summit 2025 organizzato da Il Sole 24 Ore e in corso a Milano. “La risorsa idrica ci dà due preoccupazioni, di scarsità o eccessiva abbondanza che provoca per esempio inondazioni, e il nostro territorio non è del tutto preparato. Gli eventi estremi stanno diventando sempre più frequenti e la gestione dell’acqua è un esempio lampante di come la prevenzione abbia senso”, ha aggiunto.
Per non lavorare in emergenza occorre una politica di prevenzione e di riduzione dei disastri. “Dovremmo fermarci un attimo e capire come programmare in modo da rimettere in sesto il Paese, mettendo in campo opere e investimenti. Se avessimo una programmazione ordinaria definita, non servirebbero sforzi estremi e figure commissariali, che al momento sono necessarie”, ha detto D’Angelo.
Dell’Acqua: con Osservatori regionali più facile prevedere
Per pianificare, occorre cercare di prevedere eventuali criticità e proprio in questo senso ci si sta muovendo a livello nazionale: “Da quest’anno non siamo più ‘ciechi’, abbiamo Osservatori regionali che sono sempre più affinati e che hanno migliori strumenti, quindi sono in grado di darci una fotografia della situazione attuale e di fare previsioni”, ha detto Nicola Dell’Acqua, Commissario Straordinario nazionale per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica, sottolineando che “ci sono delle aree, soprattutto al Sud, dove si registrano delle difficoltà, spesso legate alle perdite di rete, ma non solo. Per esempio in parte della Sardegna e della Sicilia, ma anche in zone della Calabria e della Basilicata, ha piovuto meno di quanto ci si aspettava”.
Idroelettrico fattore abilitante, sinergia con territorio
L’idroelettrico “è una risorsa preziosa per il sistema Paese, non solo per la produzione di energia rinnovabile, ma anche quale fattore abilitante per ulteriori opportunità di valorizzazione dell’acqua in sinergia con il territorio”. Lo ha detto Paolo Sasso, Head of O&M Hydro Italy di Enel, intervenendo all’Acqua Summit 2025 organizzato da Il Sole 24 Ore e in corso a Milano. È però essenziale lavorare per ridurre gli sprechi: “L’obiettivo deve essere favorire il salto tecnologico necessario a ridurre le perdite, rafforzare la resilienza delle reti e restituire valore alle comunità”, ha detto Lorenzo Romeo, chief corporate strategy Officer di Italgas, sottolineando che il gruppo “attraverso Nepta, ha scelto di giocare un ruolo di primo piano anche nel settore idrico”.
In questo contesto, anche il digitale si dimostra uno strumento essenziale: “Il digitale rappresenta una leva strategica imprescindibile per affrontare sfide strutturali, ambientali e gestionali del settore idrico integrato. Tecnologie, AI e gemelli digitali stanno trasformando la filiera”, ha sottolineato Antonio Amati, Deputy Ceo della Divisione IT di Almaviva. Sull’innovazione tecnologica, alcune aziende si sono mosse, giocando d’anticipo sui competitor: “In Alfa Laval abbiamo sviluppato un modello innovativo per affrontare la sfida idrica, l’approccio Zero Liquid Discharge, una tecnologia che supporta i Clienti verso la neutralità idrica determinando un recupero completo dell’acqua”, ha detto Tom de Jonge, Energy Division Manager di Alfa Laval Adriatic.
Anche la chimica è un alleato strategico per affrontare le sfide idriche globali: “Offre soluzioni sostenibili e ad alto valore tecnologico per settori come il trattamento acque industriali e la desalinizzazione, rendendo possibile la completa circolarità del ciclo chiuso e una maggiore efficienza energetica e produttività degli impianti”, ha aggiunto Sergio Iorio, Ceo & Founder di Italmatch Chemicals Group.
Romeo (Italgas), investire per ridurre perdite idriche, migliorare gestione
Nella gestione del servizio idrico “occorre investire per ridurre le perdite idriche e restituire valore alle comunità, digitalizzare le reti per assicurare modernità e maggiore efficienza alla gestione”. Lo ha detto Lorenzo Romeo, Chief Corporate Strategy Officer Italgas, intervenendo all’Acqua Summit 2025, organizzato da Il Sole 24 Ore e in corso a Milano. “Per portare il settore a un adeguato livello di professionalizzazione industriale serve attivare un livello diverso di gestione”, ha detto, sottolineando che “occorrono investimenti che i grandi operatori possono assicurare, ma perché ciò avvenga sarebbe utile garantire un approccio più pragmatico al settore e garanzie che permettano loro di operare con un modello industriale”.
Pezzoli (Acea Acqua), in Italia investire in modo più deciso su riuso
“Considerati gli scenari attuali, credo che l’Italia debba investire in modo più deciso sul riuso dell’acqua: oggi in Italia trattiamo 6,7 miliardi di metri cubi di reflui all’anno, pari a solo il 4%, contro un potenziale 23%. L’acqua in uscita dai depuratori può essere riutilizzata per usi civili, per l’irrigazione o in agricoltura e nell’industria”. Lo ha detto Enrico Pezzoli, Ad e direttore generale Acea Acqua, intervenendo all’Acqua Summit 2025, organizzato da Il Sole 24 Ore a Milano. Acea Acqua, ad esempio, gestisce circa 1.500 impianti di depurazione da Nord a Sud in diverse Regioni d’Italia e da questi impianti sarebbe possibile recuperare ogni anno 1,3 miliardi di metri cubi d’acqua.
In qualche caso il riuso è già realtà: a Fiumicino, grazie a un accordo con il Consorzio di Bonifica Litorale Roma Nord, stiamo realizzando un progetto per riutilizzare in agricoltura le acque reflue in uscita dal depuratore di Fregene. “Una volta completato, il progetto rappresenterà una delle best practice in Italia per l’ottimizzazione e il recupero delle risorse idriche. Ma i casi virtuosi come questi sono pochi, molto è ancora da fare”, ha detto Pezzoli, sottolineando che “la normativa attuale va aggiornata perché non incentiva questi progetti e poi c’è un tema di costi: servono miliardi per riqualificare gli impianti e dotarli di sistemi adeguati al trattamento avanzato delle acque per renderle idonee al riuso”. Per sostenerne i costi “è fondamentale l’impegno dei gestori ma anche dell’intero Sistema Paese. Solo con un impegno congiunto con le istituzioni e cittadini sarà possibile valorizzare questa risorsa e contribuire alla sostenibilità ambientale e alla sicurezza idrica del Paese”, ha concluso.
Sabato (Acea), quadro complesso, sforzi non ancora sufficienti
“Parlare di acqua da primo operatore idrico italiano è una grande responsabilità. Il quadro è molto complesso: l’acqua ha un impatto sul fronte economico, ad esempio in Europa il 70% del Pil passa dall’acqua. C’è anche un tema di salute, legato alla qualità della risorsa, c’è un tema di tutela di disponibilità della risorsa, sempre più scarsa e sempre più necessaria: i data center, ad esempio, hanno bisogno di moltissima acqua. C’è un tema di gestione: in Europa abbiamo una frammentazione elevatissima, si parla di 27.000 operatori. C’è infine un tema di tariffe, troppo diverse tra loro nei vari Paesi europei”. Lo ha detto Tommaso Sabato, Chief Regulated Business Acea, intervenendo all’Acqua Summit 2025, organizzato da Il Sole 24 Ore a Milano.
“Bisognerebbe mettere mano a tutti questi aspetti e l’Europa, anche grazie ad Acea, sta iniziando a lavorarci, basti pensare alla recente strategia per la resilienza idrica adottata dalla Commissione e agli importanti stanziamenti dal Pnrr”, ha detto Sabato, spiegando che “non è ancora sufficiente: è fondamentale investire per rendere reti e impianti efficienti e rivedere il quadro normativo per agevolare una gestione industriale del settore”. Per questo, “è necessario un regolatore nazionale che possa omogeneizzare le tariffe e promuovere investimenti su infrastrutture critiche”, ha aggiunto, spiegando che “la formazione delle professionalità specifiche, come gli ingegneri idraulici, è un altro tema critico, ma le aziende devono fare la loro parte: in Acea il nuovo tronco dell’Acquedotto del Peschiera, un’opera da 1,5 miliardi di euro, è stata progettata in house, investiamo molto in competenze interne. E poi portiamo avanti progetti di educazione idrica nelle scuole: solo quest’anno abbiamo raggiunto oltre 11.000 ragazzi, portandoli anche a visitare i nostri impianti”.