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Bagnoli: la bonifica innovativa dei sedimenti contaminati

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È partita la sperimentazione della bonifica innovativa nel Sito di Interesse Nazionale di Bagnoli, a Napoli. L’area è stata pesantemente compromessa dalle attività dell’acciaieria Ilva/Italsider e dismessa, al termine di un processo di deindustrializzazione, solo alla fine degli anni ’80. Il progetto di bonifica “Life Sedremed” è coordinato dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, insieme agli altri partner: dopo oltre un anno di studi preliminari e programmazione è terminata l’installazione delle tecnologie nell’area dedicata alla sperimentazione.

Il progetto

I protagonisti della bonifica innovativa sono dei batteri allevati nel Nord Europa pronti a ridimensionare le sostanze inquinanti, aiutati da una tecnologia complementare, che prevede la trasmissione di corrente elettrica per accelerare la degradazione e la fissazione dei contaminanti presenti. Per potersi nutrire i batteri aerobici producono degli ‘eso-enzimi’, che suddividono lunghe catene di carbonio in catene sempre più piccole. I componenti degradati diventano abbastanza piccoli da poter essere ingeriti dai batteri: qui altri tipi di enzimi, detti “endo-enzimi”, degradano i componenti assimilati e li utilizzano per il corretto funzionamento del metabolismo. Un processo alla fine del quale la materia organica viene trasformata in CO2 e H20.

“La nostra idea, in un certo senso rivoluzionaria, è quella di ripulire mare di Bagnoli senza toccarne materialmente i fondali”, racconta Ernesto Rollando, uno dei tre volti giovanissimi di Nisida Environment, la startup che è parte del progetto “Life Sedremed”, finanziato dall’Unione Europea “per lo sviluppo di una soluzione innovativa per la decontaminazione di sedimenti marini inquinati”. Con lui l’ad Raffaele Vaccaro e la co-fondatrice Rossella Liberti: entrambi biologi, entrambi campani di ritorno. “Siamo rientrati dopo un periodo di studio in Belgio e in Usa animati dal desiderio di aiutare a uscire dall’impasse per una delle grandi questioni irrisolte della nostra regione, il rilancio di Bagnoli”.

Il progetto, finanziato nella sua fase sperimentale per 1,5 milioni di euro, ha il coordinamento scientifico della Stazione Zoologica Anton Dohrn, il sito è gestito da Invitalia, le due tecnologie utilizzate arrivano da realtà nordeuropee: del biorisanamento tramite l’utilizzo di microrganismi si occupa la belga Idrabel, che ha sviluppato un metodo di biofissazione, immobilizzando i microrganismi su supporti minerali naturali. (repubblica.it)

L’area contaminata

Quella di Bagnoli è una delle aree identificate ad alto rischio di crisi ambientale in Italia ed è stata inserita nell’elenco dei Siti di Interesse Nazionale (SIN).

La contaminazione dei sedimenti di Bagnoli è caratterizzata da alti livelli di idrocarburi alifatici tra cui gli IPA, PCB, PCDD,e metalli pesanti. Questi valori superano pericolosamente i limiti fissati dal DM 56/09 e contribuiscono al mancato rispetto dello stato di qualità ambientale richiesto dalla Direttiva quadro sulla strategia marina (2008/56/CE) e dalla Direttiva sugli standard di qualità ambientale (2008/105/CE).

Nell’area marina, spiega “Life Sedremed” l’inquinamento si è accumulato nei sedimenti, a causa degli scarichi delle industrie ma anche semplicemente per le perdite durante i processi di carico e scarico delle materie prime e dei prodotti finali. La contaminazione è quindi molto simile a quella presente nei terreni. Sebbene l’area contaminata in mare si estenda per oltre 14 km2, e i sedimenti presentino elevati livelli di contaminazione dal litorale di Bagnoli fino a oltre l’isola di Nisida, raggiungendo una batimetrica di – 55 m, le opere di bonifica per il ripristino delle condizioni di balneazione non prevedono interventi oltre la batimetrica di – 7 m, concentrandosi quindi sui 50 ettari (0,5 km2) in prossimità della costa. (napolitoday.it)