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Decreto sul riutilizzo delle acque reflue: aperta la consultazione pubblica

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Aerial view of a city's waste management sewage and water treatment plants. Waste water purification.

È possibile presentare le proprie osservazioni sul decreto che disciplina il riutilizzo delle acque reflue urbane depurate ed affinate per diversi usi fino al 31 marzo sul sito del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. L’obiettivo è adeguarsi al regolamento UE attivo dal 26 giugno.

Il Ministero dell’Ambiente e Sicurezza energetica pone in consultazione pubblica il Decreto del Presidente della Repubblica che armonizza la disciplina nazionale con quella europea sul riutilizzo delle acque reflue urbane depurate ed affinate per diversi usi. “Puntiamo molto – spiega il ministro Gilberto Pichetto – sullo sviluppo di una pratica che rappresenta anche una risposta alla scarsità di acqua che vivono tante parti del territorio nazionale: preziosa risorsa idrica può essere messa a disposizione dell’agricoltura, in ambiti civili e industriali, per rafforzare gli ecosistemi”.

L’Italia è uno dei Paesi dell’Unione Europea che già pratica il riutilizzo delle acque reflue depurate, con tutte le più adeguate tecniche volte alla protezione della salute pubblica e dell’ambiente.  Dal prossimo 26 giugno, si applicherà negli stati dell’Ue il nuovo regolamento del Parlamento e del Consiglio europeo (n.2020/741 del 25 maggio 2020) che definisce per la prima volta requisiti minimi per l’utilizzo delle acque di recupero.

Il testo nazionale e quello europeo si differenziano per una serie di profili, tra cui l’ambito di applicazione e diversi utilizzi, l’approccio basato sulla gestione del rischio, le categorie dei soggetti responsabili, una diversa tipologia di approccio per la verifica di qualità delle acque. Per questo, la Direzione generale Uso sostenibile del Suolo e delle risorse idriche del Ministero si è attivata per equilibrare le due discipline, con l’obiettivo di non imporre agli operatori italiani un gravoso doppio binario normativo e diffondere in maniera efficace la pratica del riutilizzo, misura virtuosa in un’ottica di economia circolare.

Come evidenziato da Economiacircolare.com: l DPR sottoposto alla fase di consultazione pubblica è composto da 20 articoli e da due allegati, a loro volta composti da varie sezioni. Si tratta dunque di un provvedimento complesso in cui sono indicati, ad esempio, gli obblighi in materia di qualità delle acque affinate, le modalità di monitoraggio e di controllo, le modalità di riutilizzo e le campagne di informazione e sensibilizzazione. L’obiettivo, appunto, è quello di armonizzare la recente disposizione europea e quella italiana, antecedente nel tempo e rimodulata più volte nel corso degli anni.

“Con riferimento all’approccio strategico scelto dai differenti legislatori – si legge nella relazione illustrativa del DPR – si segnala che il regolamento europeo prevede il metodo della gestione del rischio sito specifico. Ciò significa che ai fini della produzione, dell’erogazione e dell’utilizzo di acque affinate, l’autorità competente dovrà provvedere a che venga stabilito un piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell’acqua, ciò con l’obiettivo di garantire la gestione proattiva e sicura delle acque reflue affinate, senza rischio per salute umana, animale e senza rischio ambientale. Al fine di azzerare il rischio emerso durante l’analisi del rischio, il piano di gestione del rischio e il permesso rilasciato dall’autorità competente potranno prevedere delle prescrizioni supplementari rispetto alle prescrizioni minime stabilite dal regolamento”.

Al contrario, “la normativa italiana in vigore dal 2003 detta prescrizioni e parametri rigidi da applicare a ogni ipotesi di riutilizzo, sia per fini irrigui che per fini civili, ambientali e industriali. Di tali differenze si è tenuto conto nell’elaborazione del nuovo DPR, in un’ottica evolutiva di adeguamento. L’opportunità di un superamento della disciplina attualmente vigente nasce anche dall’esigenza di rivedere l’intero impianto normativo di settore alla luce dell’introduzione del nuovo metodo della gestione del rischio sito specifico. Tanto premesso, si è ritenuto di procedere emanando una nuova bozza di DPR che disciplini la pratica del riutilizzo alla luce dei nuovi interventi normativi”.