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Montagne sotto pressione: clima, fame e migrazioni

Di fronte al cambiamento climatico anche le montagne - simbolo di forza e resistenza - si scoprono vulnerabili, insieme alle popolazioni che le abitano. Alla Fao l'incontro del "partenariato per la montagna", un'alleanza di oltre 300 tra governi e organizzazioni per il futuro delle comunità e dell'ambiente montano

Dall’Everest in Asia al Monte Denali in America al Cervino in Europa, le montagne sono monumenti alla bellezza dell’ambiente e della natura: stabili, immutabili, immobili. Eppure, di fronte al cambiamento climatico, anche le montagne si scoprono vulnerabili: eventi atmosferici estremi sempre più intensi e frequenti causano valanghe, smottamenti e frane che lacerano i versanti, distruggono le foreste, devastano le comunità montane e le popolazioni a valle. Siccità ricorrenti e prolungate mettono a rischio le fonti idriche e la sicurezza alimentare.

Gli impatti del cambio climatico sulle montagne ci riguardano tutti ed è nell’interesse di tutti agire prima che il danno sia irreversibile.

I ghiacciai montani, formatisi nel corso di millenni, si stanno sciogliendo per l’innalzamento delle temperature, riducendo le riserve di acqua dolce utilizzata dai miliardi di persone che vivono a valle. Circa il 60-80% dell’acqua dolce del mondo proviene dalle montagne, e questo indica quanto le riserve idriche mondiali, e di conseguenza la sicurezza alimentare, dipendano dai cambiamenti che avvengono sulle vette montane. Anche città come Rio de Janeiro, New York, Nairobi e Tokyo dipendono dall’acqua dolce che scende dalle montagne circostanti.

Le immagini di ghiacciai che si ritirano, di frane e di valanghe ci ricordano che le montagne non possono essere date per scontate. Esse sono ecosistemi fragili ma fondamentali e non solo per il 13% della popolazione mondiale – quasi un miliardo di persone – che in montagna vivono, ma anche per la grande biodiversità che ospitano, circa un terzo di tutte le specie vegetali e metà degli hotspots di biodiversità mondiali.

La scomparsa o contrazione dei ghiacciai riduce il deflusso di acqua durante la stagione arida e priva gli agricoltori delle zone montane e delle zone a valle di una fonte costante di acqua dolce, rendendoli più dipendenti dalle piogge e meno resilienti.

Il problema dell’insicurezza alimentare in montagna, dove una persona su tre – circa 329 milioni di persone in tutto il mondo – è a rischio malnutrizione, è già molto serio. Gli effetti del cambiamento climatico stanno rendendo la condizione di chi vive in montagna, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, sempre più drammatica.

Nei paesi più poveri, una conseguenza dell’insicurezza alimentare e del cambiamento del clima in montagna è la migrazione. Gli abitanti delle montagne abbandonano le loro case e le loro terre per andare a vivere nelle aree urbane a valle – aree che sono sempre più sovraffollate e povere. I giovani in particolare sono spinti a lasciare le loro case in cerca di lavoro mentre le famiglie emigrano per dare ai figli una buona istruzione, cure mediche e migliori opportunità di inserimento nella società. Da sempre, migrare è una scelta e una strategia per le comunità delle zone di montagna dove si affiancano migrazioni stagionali o di lungo periodo, che consentono alle famiglie di integrare il reddito locale con le rimesse che arrivano dai parenti emigrati. In molte zone montane questa migrazione sta diventando un vero spopolamento causando cambi fondamentali al tessuto sociale e portando non solo alla perdita di servizi ecosistemici e di agrobiodiversità ma anche di culture millenarie e tradizioni locali.

La Giornata Internazionale della Montagna, l’11 dicembre, ha offerto l’opportunità, attraverso eventi organizzati in tutto il mondo, di approfondire le conseguenze del cambiamento climatico in montagna, analizzare le cause della insicurezza alimentare e delle migrazioni e discutere delle azioni per assicurare la piena integrazione delle aree montane nei processi di sviluppo nazionali ed internazionali.

E nella Giornata Internazionale della Montagna, apre i suoi lavori a Roma nella sede della FAO, la quinta riunione mondiale del Partenariato per la Montagna, dall’11 al 13 dicembre. La Mountain Partnership è un’alleanza che conta più di 300 membri tra governi, organizzazioni internazionali, organizzazioni non governative e settore privato sotto l’egida delle Nazioni Unite, e ha come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni montane e la protezione degli ecosistemi montani di tutto il mondo.

In cima al programma della riunione c’è la discussione e approvazione del nuovo quadro d’azione (“A Framework for action”) della Mountain Partnership, che mira a garantire che le aree montane siano integrate nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e nell’attuazione dell’Accordo di Parigi sul clima. Il quadro d’azione includerà misure e politiche volte a rafforzare la resilienza delle popolazioni e degli ecosistemi montani di fronte ai cambiamenti climatici. Circa 60 governi e oltre 200 organizzazioni intergovernative e non-governative lo approveranno e si impegneranno a promuoverlo, riconoscendo che investimenti mirati e politiche specifiche possono aumentare la capacità di adattamento delle comunità montane, migliorarne le condizioni di vita e contribuire a invertire la tendenza dell’abbandono dalle montagne.

Le sfide poste dal cambiamento climatico sono enormi, e le montagne sono uno degli ecosistemi più colpiti e a rischio, ma sono anche la chiave per superare queste sfide e far fronte alle minacce, comprese quelle alla sicurezza idrica e alimentare.
Per questo il loro sviluppo sostenibile deve diventare una priorità globale. Il momento di agire è ora.