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FISE Assoambiente: “Basta con l’approccio ideologico alla gestione rifiuti!”

Foto di falco da Pixabay

Lettera aperta del Presidente FISE Assoambiente Chicco Testa
al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, che nelle sue ultime dichiarazioni sembra mettere in dubbio l’utilità della costruzione di inceneritori in Italia.

Roma, 26 giugno 2020 – Egregio Signor Ministro, ho seguito le sue ultime dichiarazioni e prese di posizione sulla gestione dei rifiuti, da ultimo con un post su Facebook che recita: “Sì o no agli inceneritori non deve essere una scelta ideologica, ma tecnica”. Perfetto, è esattamente quello che il mondo delle imprese del settore ripete da sempre. Poi c’è la seconda parte del suo post che dice: “Chi pensa che gli inceneritori servano deve dimostrarlo tecnicamente”. Giusto anche questo. E quindi mi attendevo che nel suo breve speech Lei spiegasse perché NON servono.

L’onere della prova tecnica spetta ad entrambe le parti, visto che Lei da tempo manifesta la sua contrarietà a questo tipo di impianti. Invece Lei non usa alcun argomento “tecnico” come li definisce. Non un numero, un riferimento alla realtà italiana. Anzi ve ne sono 2 di numeri, non propriamente tecnici, ma comunque interessanti.

Perché solo in Italia i tempi di autorizzazione per la realizzazione degli impianti restano biblici?

Lei dice che l’autorizzazione per un impianto di questo genere dura dai 5 ai 7 anni. Già…Solo che le tempistiche per le autorizzazioni sono legate principalmente ad aspetti burocratico-amministrativi. E abbiamo ascoltato dal Suo Governo in questi mesi ripetere più volte che la semplificazione, l’accelerazione delle procedure autorizzative e la modifica del codice degli appalti sarebbero state il primo punto dell’azione del Governo per fare ripartire l’Italia. Quindi, in primo luogo vorrei fare io a Lei una domanda: per quale ragione le procedure autorizzative devono durare 5/7 anni, visto che si tratta di impianti bene conosciuti e che in tutti i Paesi europei vengono autorizzati con tempi infinitamente più brevi? Ma la norma italiana non prevede tempi massimi di 1 anno? Anche perché le faccio presente che questi biblici tempi di autorizzazione, con qualche ottima eccezione, non riguardano solo gli inceneritori, ma praticamente qualsiasi tipologia di trattamenti dei rifiuti compresi gli impianti per il recupero della materia. Per esempio i biodigestori. E Lei sa, per non fermarci alla questione inceneritori di quanti nuovi impianti ci sia bisogno, soprattutto per recuperare la frazione umida.

Il secondo argomento “tecnico” riguarda i tempi di ammortamento dell’impianto, che Lei stima in 20 anni. Ho consultato alcune aziende, per avere qualche conferma, che gestiscono termocombustori e che hanno presentato progetti per alcuni nuovi impianti dello stesso genere. I loro piani finanziarti prevedono un tempo di recupero attorno ai 12 anni con un WACC piuttosto alto. Visto l’attuale costo del denaro, assai basso, i tempi di ammortamento previsti non superano i dieci anni. La metà dei 20 da Lei dichiarati. Pronto a fornirLe tutti i dati necessari. E in  ogni caso l’investimento proposto sarebbe completamente a carico di imprese private le quali si assumono anche il rischio connesso. Lei pensa sinceramente che esse vogliano rischiare centinaia di milioni per partito preso o per posizioni ideologiche? Se sbagliano in tempi di pay-back dell’impianto ne pagherebbero le conseguenze. Senza onere alcuno per le casse pubbliche.  L’ ultimo argomento da Lei usato, anche in questo caso non suffragato da numeri, né dati, è un vago riferimento alla normativa europea dove la direzione verso l’economia circolare “ci deve dare nei prossimi pochi anni una percentuale così alta di raccolta differenziata da non giustificare i tempi  lunghi degli inceneritori”.

Non tutto ciò che viene raccolto in modo differenziato, viene riciclato

Mi permetta allora di ricordare a noi tutti i termini della questione. La normativa europea prevede entro il 2035 (mancano 15 anni, non “pochi anni”) una percentuale giustamente non di raccolta differenziata (RD), ma di riciclaggio del 65%. Il che vuole dire considerando in modo cautelativo gli scarti della RD arrivare ad una percentuale di RD di almeno l’80%, con residui che andranno considerati nei fabbisogni impiantistici. Oggi siamo, come media nazionale, al 58,1% di RD. Non di riciclaggio, che è tutt’altra storia e che infatti sta al 45,2%.  La prego Signor Ministro non avvalli anche Lei lo storytelling per cui fare raccolta differenziata significa automaticamente pensare che essa sarà tutta riciclata. Non è così.

La stessa Direttiva prevede poi un ricorso alle discariche non superiore al 10%. Rimane come è semplice constatare una differenza del 25%. Escludendo il riciclaggio già previsto in percentuali molto alte, escludendo la discarica che sta al massimo al 10%, quali altre tecnologie rimangono disponibili? Evidentemente solo il recupero energetico che in Italia riguarda oggi il 18% del totale dei rifiuti urbani, con un deficit per raggiungere quel 25% di circa 2 milioni di tonnellate. Basterebbe la realizzazione di un modesto numero di nuovi termocombustori per chiudere il gap. E infatti le Regioni del Nord lo hanno già chiuso. Come la Lombardia che recupera, non solo raccoglie, il 60% dei rifiuti, ne manda in discarica molto meno del 10% e il resto viene indirizzato a recupero di energia, con un bel contributo all’economia circolare.

Basta con il “turismo dei rifiuti”!

Aggiungo che andrebbe preso in considerazione un altro fattore. Vale a dire l’insensato turismo dei rifiuti che riguarda quasi tutto il Centro-Sud. Con centinaia di camion che percorrono migliaia di km per portare i rifiuti negli inceneritori e in altri impianti del Nord. Con un impatto ambientale assai più elevato di quello rappresentato dalle modestissime emissioni degli attuali impianti waste-to-energy: si stima che circa 2 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno si spostino fra le regioni italiane per mancanza di inceneritori e compostaggi.

Egregio Ministro noi apprezziamo la lotta contro l’illegalità che Lei ha intrapreso. Ma ci permetta di sottolineare che quando avremo colmato il gap fra domanda di trattamento e offerta di impianti in regola, tutti gli impianti da quelli per il riciclo alla termocombustione alle discariche, avremo inevitabilmente ridotto lo spazio per traffici clandestini come ha autorevolmente ricordato il Procuratore Nazionale Antimafia nella sua relazione.