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Dal mondo ambientalista dubbi sul nuovo ministero della Transizione ecologica

In una nota congiunta alcune associazioni ambientaliste esprimono dubbi sull’operazione che porterebbe alla nascita nel nuovo ministero della Transizione ecologica. “Fondamentale chiarire programmi e strumenti per non fallire l’occasione storica della ripresa verde. Il Presidente Draghi consideri tutte le istanze ambientali e le ponga al centro dell’agenda”

Non raccoglie il favore di tutti il nuovo ministero della Transizione ecologica annunciato a margine dell’incontro di Mario Draghi con i portavoce delle principali associazioni ambientaliste italiane: GreenPeace Italia, WWF e Legambiente,

Secondo le prime ipotesi il nuovo ministero potrebbe unire gli attuali ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, oppure potenziare il ministero dell’Ambiente, con nuove competenze in politica energetica e maggiori fondi a disposizione (quelli previsti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che riceverà gli stanziamenti del Recovery Fund europeo).

I primi dubbi sono stati avanzati ieri da FISE Assoambiente, l’associazione che riunisce le imprese che si occupano a vario titolo di gestione ambientale (dal riciclo rifiuti, alla bonifica dei siti, fino al trattamento acque reflue). Assoambiente è favorevole a una fusione tra Ambiente e MISE, ma trova impegnativa la creazione di un ministero dedicato alla Transizione.

Oggi, con una nota congiunta, le associazioni Amici della Terra, Enpa, Italia Nostra, Lipu, Mountain wilderness, Federazione ProNatura esprimono forti perplessità proprio sull’operazione che porterebbe alla nascita nel nuovo dicastero.

“Non è affatto chiaro come si intende che questa operazione avvenga. Se ad esempio prevedrà più funzioni per il Ministero dell’Ambiente o invece implicherà la fusione del Ministero dell’Ambiente con quello dello Sviluppo economico, con il rischio di schiacciamento delle tematiche ambientali e comunque di lunga impasse dovuta alle complicatissime pratiche amministrative da svolgere.

Un quadro molto incerto che preoccupa, tanto più alla luce della necessità di allocare rapidamente e bene le risorse del Recovery Plan e, soprattutto, di ripensare i suoi programmi, oggi gravemente carenti, quando non errati, sotto il profilo naturalistico, ambientale e paesaggistico in genere.

La transizione ecologica è il grande impegno dell’Italia e dell’Europa dei prossimi decenni. Non si può commettere l’errore di impostarla male. Al Presidente Draghi segnaliamo nuovamente che le urgenze ambientali sono molteplici, dal restauro degli habitat degradati al mare, dalla tutela del paesaggio alla montagna, all’agricoltura e ad un uso dei suoli compatibile, alle politiche di benessere animale. È fondamentale considerarle tutte e porle in primo piano nell’agenda, in modo che facciano da sostanza del programma di transizione ecologica e che vengano prima di ogni operazione di immagine o speculativa e, anche per questo, a rischio di fallimento”.