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Call di Sogin per la gestione dei rifiuti radioattivi. Il punto della situazione sul nucleare italiano

Startup e PMI innovative cercasi, interessate a sviluppare tecnologie avanzate per la gestione dei rifiuti radioattivi. La Call lanciata da Sogin, società di Stato incaricata di smantellare gli impianti nucleari in Italia, punta a trovare nuove soluzioni nei processi di gestione dei rifiuti radioattivi, nella loro pianificazione, nella verifica dei risultati ottenuti e nella logistica.

Un lancio che arriva a stretto giro dalla recente audizione dei vertici di Sogin da parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo di rifiuti (Commissione Ecomafie), presieduta da Stefano Vignaroli. L’incontro si è tenuto in vista dell’aggiornamento del “piano a vita intera” che Sogin conta di presentare entro il 30 giugno. Un programma a lungo termine (2035) per la gestione dell’eredità atomica. Da quanto emerso, la mancata realizzazione del deposito nazionale, il non recepimento della direttiva europea e i ritardi cronici delle autorizzazioni per i cantieri continuano ad avere conseguenze pesanti su tempi e costi di gestione del decommissioning nucleare.

Rifiuti radioattivi e come gestirli

Sono tre gli ambiti di concorso della Call for Innovation “SARR – Soluzioni Avanzate per i Rifiuti Radioattivi”, lanciata da Sogin e realizzata il supporto di Digital Magics.

  • Bridge di interfaccia, sviluppo di soluzioni tecnologiche dedicate all’acquisizione delle informazioni raccolte dalle interfacce dei diversi sistemi, coinvolti nei processi di smantellamento e gestione dei rifiuti, da poter integrare nella piattaforma AIGOR.
  • Sistemi di posizionamento, sviluppo di tecnologie utili all’informazione sulla posizione indoor degli oggetti, a supporto della pianificazione e del monitoraggio della logistica interna.
  • Smart monitoring, fornire tecnologie per la sicurezza dei lavoratori e l’automatizzazione dei processi operativi quali il controllo dei rifiuti stoccati, la loro classificazione, anche attraverso smart label.

Le aziende interessate dovranno registrarsi entro il 26 luglio 2020 su openinnovation.sogin.it. I dieci progetti selezionati potranno presentare il loro pitch durante l’Innovation Day, programmato il 14 ottobre 2020. La startup vincitrice si aggiudicherà un premio di 12.000 euro e collaborerà con la Sogin per lo sviluppo del progetto.

Il punto sul nucleare italiano

Le incognite che pesano sulla dismissione delle centrali nucleari in Italia e sulla gestione delle scorie radioattive sono sostanzialmente due. La mancata realizzazione del deposito nazionale, ovvero l’impianto dove centralizzare le scorie, per il quale non è stato mai nemmeno avviato l’iter di scelta del sito di costruzione. I ritardi, altrettanto cronici, con cui Sogin ottiene le autorizzazioni per i cantieri dagli organi di controllo.

Il “piano a vita intera” di Sogin vale già 7,2 miliardi di euro, ma dal 2001 al 2018 il programma di smantellamento è stato realizzato per circa un terzo delle attività con costi per 3,8 miliardi di euro. Dati che suggeriscono le difficoltà cui sta andando incontro l’operazione. Secondo Vignaroli, l’Italia paga il prezzo di non aver ancora recepito la direttiva europea 59 del 2013 (Euratom) sulla la gestione dell’atomo e invita “tutte le istituzioni a fare la propria parte con il massimo impegno, perché anche il nostro Paese possa gestire i rifiuti radioattivi in sicurezza e in efficienza”.

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L’ex centrale nucleare nella frazione di Borgo Sabotino del Comune di Latina

Il deposito nazionale

L’assenza del deposito nazionale è il punto nevralgico – ribadito in audizione – attorno a cui ruota il problema: un progetto da 1,5 miliardi di euro da completare entro il 2025, senza ancora un’idea su dove realizzarlo. La Cnapi, Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito, a gennaio 2015 ha individuato 100 possibili siti, ma da allora è rimasta chiusa in un cassetto. Come si può intuire, la sua pubblicazione avrà ricadute politiche importanti, perché aprirà un confronto pesante con le comunità locali, ma è il punto di partenza necessario e non procrastinabile. In attesa del deposito, infatti, l’Italia paga lo stoccaggio delle scorie presso altri Paesi europei.

A questo proposito, sono in corso trattative per il prolungamento dei contratti di mantenimento del combustibile esausto stoccato in Francia e Regno Unito, e destinato al deposito nazionale. Mentre si monitorano Paesi con quantità ridotta di scorie – Spagna, Repubblica Ceca e Ungheria – per consorziarsi nella costruzione di un deposito geologico, dove tombare i rifiuti ad alta intensità, senza passare dal deposito nazionale.

I volumi dei rifiuti radioattivi

Il deposito nazionale dovrà ospitare 72 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, di cui il 60% dagli ex impianti nucleari e il 40% dalle aziende che producono rifiuti radioattivi, stimate da Sogin in circa 350 tra laboratori, imprese e ospedali. Proprio i volumi sono il tema su cui insiste Emanuele Fontani, amministratore delegato di Sogin, secondo cui “è importante ridurre i volumi che andranno a finire nel deposito, insistendo su efficienza, processamento innovativo dei materiali e riciclo”. Secondo Sogin, il decommissioning di otto siti nucleari, consentirebbe di riciclare oltre un milione di tonnellate di materiali, pari circa all’89% di quelli complessivamente smantellati. Sul tema del recupero di efficienza Sogin ha annunciato anche la redazione di un nuovo piano industriale mirato.

Il problema delle autorizzazioni

Il nuovo “piano a vita intera” passerà al vaglio dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera). Per metterlo in atto servirà l’autorizzazione dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), che da due anni lamenta gravi carenze di risorse e competenze in organico. Sono 119 le autorizzazioni che serviranno a Sogin nel prossimo quadriennio, alcune delle quali richieste nel 2012 e 2014, ma non ancora chiuse.

Per esempio, ci sono voluti dieci anni – sottolinea Wired – per svincolare il progetto di estrazione a secco di 64 barre di uranio-torio ad alta attività, arrivate negli anni Sessanta dalla centrale statunitense di Elk River a Rotondella, in Basilicata, per motivi di ricerca. E sono in attesa di autorizzazione gli impianti di Saluggia, Casaccia e Rotondella (che hanno chiuso i battenti negli anni Ottanta) oltre al Reattore Ispra-1, recentemente entrato nel perimetro Sogin.

Cantiere del complesso Cemex impianto Eurex di Saluggia

I progetti sul tavolo

Tra progetti sul tavolo di Sogin – e poi di Isin – ci sono anche:

  • la pubblicazione del bando di gara per il Cemex, il complesso di cementazione e stoccaggio dei rifiuti liquidi dell’Eurex di Saluggia;
  • l’avvio di bonifiche a carattere ambientale sui siti di Latina e di Bosco Marengo;
  • la realizzazione dell’impianto per il trattamento dei fanghi e delle resine SiCoMor, presso la centrale di Trino.
  • Lo sviluppo di AIGOR (Applicativo informatico di gestione oggetti radioattivi) che consente di estendere le procedure di gestione dei rifiuti radioattivi a tutte le sorgenti e a tutti i materiali potenzialmente rilasciabili, già prodotti o che verranno generati dalle future attività di decommissioning nucleare.