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Discariche e veleni, Spezia vuole la verità. In arrivo due commissioni per indagare

I siti più inquinati non sono mai stati bonificati, la politica litiga e i finanziamenti sono sfumati. Timido tentativo di ripartire

Niente di nuovo sul fronte delle bonifiche. Gli ultimi 14 fusti interrati scoperti fra 2014 e 2017 dalla Forestale, accanto all’ex campetto di calcio sopra Pagliari, stanno ancora lì, mentre Regione e Provincia si rimpallano il compito di individuare e diffidare i responsabili. Le 150 mila tonnellate di rifiuti di Monte Montada aspettano che si diradi la selva di cause fra proprietà e Comune, per capire chi bonificherà. Valbosca arranca da anni sulla via di una chiusura definitiva che non arriva mai. Saturnia aspetta, con le sue ceneri, dopo la bocciatura del progetto di riapertura che era stato proposto come messa in sicurezza. L’area del tiro al piattello di Pitelli non risulta nemmeno indagata, perché militare. Le ceneri di lagunaggio dell’Enel si tomberanno sul posto, come si sta tombando a Ruffino Pitelli, ove mai sapremo cosa sia stato davvero interrato.
È emerso dalla commissione consiliare chiesta dal consigliere civico Baldino Caratozzolo, chiusa con l’impegno di istituire una o due commissioni sul tema. Baldino ha rispolverato due atti di consiglio comunale datati 2014. Il centrosinistra amministrava, il centrodestra era all’opposizione. Era l’estate calda del golfo dei veleni, delle rivelazioni dei pentiti sul crocevia spezzino dei rifiuti, dello scandalo della mancata informazione ai cittadini sulle analisi di rischio di secondo livello, che caratterizzano intere aree come tossiche e cancerogene, con divieti ignorati di coltivare orti.
Il centrodestra, con i consiglieri Manucci, Frijia e Galli, chiese di far rientrare il sito di Pitelli fra quelli di interesse nazionale. Il centrosinistra disse no e si votò un atto in cui elogiava il passaggio alla Regione e prometteva un progetto complessivo di bonifica, comprese le aree militari. Non s’è fatto niente. Né informazione ai cittadini né interventi, né tentativi di rientro fra i siti di interesse nazionale.
Il ribaltone politico non ha spostato le cose di un centimetro. Interpellato in commissione, il dirigente Claudio Canneti ha detto che «in mare l’autorità portuale ha fatto importanti bonifiche» e che non si può tornare nel sito nazionale, dato che il sito di Pitelli ne uscì «perché non aveva più le caratteristiche».
Non concorda il giurista ambientale Marco Grondacci: «È una balla assoluta, che non si possa tornare indietro. Il fallimento della declassificazione è nei fatti, appare sempre più quello che è stata, un tentativo di rimuovere le responsabilità politiche locali, dando la colpa allo Stato. L’area a mare non è bonificata, se non in parti secondarie. L’area a terra bonificata solo in parte, ed in parti significative neppure caratterizzata, tanto che continuano ad affiorare rifiuti stoccati illegalmente. Una enorme presa in giro, come lo scippo dei 10 milioni di euro l’anno, previsti nella legge finanziaria del 2008, per la bonifica delle aree militari». 
Accuse che Legambiente sostiene da anni.